Inutile specificare che non si trattasse affatto di una discussione accademica, ma della contrapposizione aspra e commossa tra due preoccupati genitori 45 enni e l'adolescente "drogato".
Uso le virgolette perchè c'è da discutere sul fatto che un diciassettenne avvezzo al consumo di marijuana possa essere effettivamente considerato un drogato.
A mio avviso, un "drogato" è colui il quale ha bisogno di una data sostanza non per stare meglio, ma per stare bene. E la differenza non è sottile come potrebbe sembrare (lo è solo linguisticamente).
I miei genitori accusavano mio fratello di avere tradito la loro fiducia, di aver speso soldi inutilmente, di non rendersi conto dei danni fisici, materiali, sociali della sua abitudine. Tutte argomenti, a mio avviso, incontrovertibili.
In effetti, a meno di non adducere a giustificazione filosofie rastafariane od epicuree o quant'altro, l'uso di marijuana non è scusabile oggettivamente: come si puo convincere un genitore, mentre ti elenca tutti i sacrosanti aspetti negativi di cui sopra, che si fuma perchè piace?
Ed una risposta del genere, prima di darla a loro, dovremmo darla a noi stessi e vedere se siamo effettivamente d'accordo con essa; perchè spesso ci convinciamo di credere inqualcosa solo per giustificare i nostri errori, i nostri difetti, il male che ci circonda. E' un principio che funziona per la religione, figuriamoci se non può funzionare per una canna.
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